Papa Luciani e gli orti urbani

Scritto da: il 18/06/2012 | Nessun commento

Chissà (chi sa?) che relazione ci potrebbe mai essere tra un Papa, che molti conoscono solo per la drammatica brevità del suo magistero, e gli orti urbani. Ed effettivamente il percorso logico è un pò lungo da raccontare, ma non tanto contorto. Per arrivare a destinazione ci aiuta un bell’articolo scritto da Paolo Cacciari e pubblicato dal Manifesto il 9 giugno scorso.

Secondo Cacciari, che titola “L’illusione green”, è ormai chiaro a tutti che capitale e natura non vadano d’accordo. Tanto sarebbe vera questa affermazione, che nel sito di Chris Marthenson, un analista finanziario che ha venduto tutto, si consiglia di comprare terra e metalli preziosi. Come dire: non accumulate ricchezze finanziarie perchè il loro valore dipende dalla disponibilità delle risorse naturali, non diversamente da quanto succedeva per le monete, quando le riserve auree retrostanti erano la garanzia del loro valore di scambio.

Alla fine del suo ragionamento Cacciari non sposa le ragioni degli ambientalisti e neppure quelle degli analisti finanziari che stanno spingendo Stati Uniti e Cina verso la guerra delle “terre rare”, ma quelle del povero Papa prematuramente scomparso, e si aggrappa al primato della politica, arte delle scelte collettive.

 

Papa Luciani aveva detto che “la proprietà privata per nessuno è un diritto inalienabile e assoluto; nessuno ha la prerogativa di poter usare esclusivamente dei beni in suo vantaggio oltre il bisogno quando ci sono quelli che muoiono per non aver niente”. E quindi, fuori dal contesto religioso che conduce ad obblighi molto pesanti anche per la Chiesa, la società civile ha, secondo il pensiero di Cacciari, il dovere di regolare il comportamento collettivo per salvaguardare la Madre Terra e tutti i figli suoi.

E gli orti urbani con i quali si chiude il titolo? In quelli di via Chiodi a Milano, ma certamente e anche in misura maggiore in molti altri sparsi in giro per il mondo, si tocca con mano la scelta delle famiglie di non possedere né la terra, né la ricchezza finanziaria, ma la forza del proprio lavoro, del proprio impegno, della propria solidarietà con la natura.