Facciamoci del bene

Scritto da: il 23/01/2009 | Nessun commento

L’estate scorsa, approvando la Legge n. 133/2008, il Parlamento ha offerto a comuni, province, regioni ed altri enti locali, la possibilità di utilizzare una procedura assai semplificata (art. 58) per vendere congrue quantità di edifici e terreni, ponendo sostanzialmente come unica condizione che fossero “non strumentali all’esercizio delle proprie funzioni istituzionali”. Con riguardo alle aree, merita particolare attenzione il fatto che i comuni – pare che gli altri enti non abbiano questa chance – possano attribuirne una nuova destinazione urbanistica, senza necessità di verifiche di conformità ai piani comunali vigenti, escluse comunque le aree agricole per le quali occorre una specie di assenso da parte degli enti sovraordinati. Fin qui tutto bene, si fa per dire. Il Comune di Milano, approvando il proprio bilancio di previsione per il 2009, ha elencato gli edifici e le aree che intende alienare, e per queste ultime ha provveduto a modificare la destinazione urbanistica, passando da una previsione di verde pubblico o di servizi comunali, ad una di edificabilità residenziale. Lo scopo, fin troppo evidente, è quello di massimizzare la rendita, non diversamente da quello che chiedono normalmente gli speculatori immobiliari per i propri terreni originariamente inedificabili.

Tuttavia, se non dimentichiamo che l’Amministrazione comunale rappresenta noi stessi, dovremmo essere assolutamente soddisfatti che tutto ciò finalmente avvenga favorendo noi e non i soliti palazzinari. Ovviamente a condizione che i terreni posti in vendita scontino un buon indice di gradimento e quindi una remunerazione elevata a favore del venditore, cosa che, di questi tempi, è tutt’altro che certa. In ogni caso, anche senza scomodare l’urbanistica o, se preferite, le teorie di governo del territorio, il cittadino ha il sacrosanto diritto-dovere di chiedersi come impiegare il denaro ottenuto dalla rinuncia al verde o ai servizi pubblici che su quelle aree, di proprietà collettiva, si sarebbero potute realizzare. Direi che l’ottima idea di valorizzare i propri terreni mediante una nuova destinazione urbanistica che li renda appetibili al mercato (cosa che solo il Comune, giustamente, può fare) dimostra che la nuda terra, quella sulla quale possono crescere edifici oppure (disgiunzione) alberi, ha due prezzi di mercato, proprio in relazione alle sopradette possibilità di crescita. Ecco quindi la strada da percorrere: dopo avere venduto a caro prezzo i terreni pubblici sui quali autorizzare la crescita degli edifici, il Comune deve lanciare un’OPA per l’acquisto di una ben superiore quantità di terreni sui quali esso stesso seminerà gli alberi. L’adesione all’OPA non sarà generalizzata, ma sufficiente a ricollocare il ricavato della prima vendita e altrettanto ovviamente garantendo che i terreni acquistati non saranno mai più destinati alla crescita di edifici. Qualche malizia in questo percorso non guasterà. Per esempio i terreni da acquistare dovrebbero essere già da ora poco idonei alla produzione agricola, magari in quanto troppo vicini a fonti di inquinamento come le autostrade e le tangenziali, esistenti o progettate. Inoltre il prezzo minimo dell’OPA dovrebbe essere superiore a quello del mercato delle aree agricole. Anche la compatibilità con le ipotesi perequative (tutte da sperimentare) di cui dovrebbe farsi carico il Piano (Comunale) di Governo del Territorio, potrebbe raggiungersi classificando con una certa precisione il territorio inedificato.

Renzo Piano, dalle colonne di Repubblica del 7 novembre scorso, parlava della necessità di tracciare una linea verde oltre la quale Milano non deve costruire più. Io penso che intendesse questa linea verde non come una sottile riga del suo mitico pennarello, ma come il largo segno di un permanent marker verde scuro, che in scala 1:50.000 ci garantirebbe 400 metri di greenbelt forestata da attraversare radialmente o da camminare in moto concentrico. Finalizzare le risorse dell’art. 58 per l’attuazione di questo progetto sarebbe condiviso certamente da tutti i cittadini, non solo milanesi.

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